COSA MI E' PIACIUTO: 
          
          American Beauty mi è piaciuto nei suoi dettagli come 
          nella somma di essi. La sceneggiatura prende idee da altri lavori: per 
          esempio è evidente l'analogia con l'inizio di Viale del tramonto, 
          analogia che peraltro si spinge più a fondo, nella descrizione 
          a tinte fosche di un ambiente, che nel film di Wilder è il mondo 
          del cinema, e in questo è la borghesia della provincia americana, 
          tanto apparentemente sana quanto è malata nella realtà. 
          Ma poi queste idee sono fuse in maniera originale (e molto ruffiana, 
          secondo molti, ma io sinceramente non ho capito il senso di questo rilievo): 
          i personaggi sono descritti con inconsueta franchezza, e la storia è 
          costruita con notevole abilità. E non c'è neanche da scervellarsi 
          per capire cos'è successo, benché il finale riservi più 
          di una sorpresa. La regia del debuttante Mendes (che razza di debutto...) 
          lambisce appena alcuni stilemi dell'odierno cinema americano, secondo 
          me all'unico scopo di scimmiottarli parodisticamente, per poi lasciarli 
          cadere con virate improvvise. Ci sono un paio di momenti notevolmente 
          comici, come quando la moglie, la figlia e l'amica della figlia del 
          protagonista osservano quest'ultimo in posa statuaria con l'aria fra 
          il sarcastico e il disgustato perché lui s'è appena fatta 
          andare di traverso la birra che stava bevendo alla notizia che l'amichetta 
          resterà da loro per la notte, o come quando lui gioca con l'automobilina 
          radiocomandata guidandola addosso ai piedi della moglie senza guardare. 
          Le scene non sono comiche in sé, bisogna ovviamente apprezzarle 
          nel loro contesto. Notevoli, non in chiave comica, le due sequenze a 
          tavola. Kevin Spacey è un fuoriclasse, si sa, con la sua capacità 
          di ribaltare la situazione movendo un sopracciglio di mezzo millimetro 
          e la sua splendida voce. Annette Bening ne è peraltro degnissima 
          spalla (e sa anche cantare: si veda la sequenza sull'automobile). Affascinanti 
          le musiche originali di Thomas Newman, integrate da alcuni brani degli 
          anni 60-70, fra cui ricorderemo Don't Let It Bring You Down di Neil 
          Young (ma qui cantata da Annie Lennox) e Because, dei Beatles.
        
          
          COSA NON MI HA CONVINTO: la sequenza del sacchetto di carta come sintesi 
          visuale della filosofia del film mi sembra un po' una forzatura. Poi 
          ci sarebbe il mediocre doppiaggio italiano, ma a noi che cosa importa? 
          C'è la traccia originale. Se mi permetto di esprimere un giudizio 
          negativo sul doppiaggio è perché la prima volta vidi il 
          film in italiano.
        Ho visto American Beauty in inglese con 
          i sottotitoli in inglese (i migliori sottotitoli di tutti i tempi). 
          Però la presenza dei sottotitoli anche in lingua italiana non 
          mi sarebbe dispiaciuta. Ci sono parecchie espressioni nei dialoghi di 
          cui sinceramente non conosco il significato nemmeno alla lontana che 
          mi hanno costretto a passare in alcuni momenti alla traccia audio italiana.
        
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