SÁTÁNTANGÓ

TITOLO ORIGINALE Sátántangó
ANNO 1994
PAESE Ungheria
REGIA Béla Tarr
GENERE Drammatico
ATTORI PRINCIPALI Mihály Vig, Putyi Horváth, László Lugossy, Éva Almassy Albert, János Derzsi, Irén Szajki, Alfréd Járai, Miklos Székely, Erzsébet Gaál, Erika Bók
DURATA - FOTOGRAFIA 419' (6 ore e 59') - bianco e nero
PRODUTTORE DVD Artificial Eye
Sátántangó - Béla Tarr

 

 

Sátántangó - Béla Tarr
Sátántangó - Béla Tarr
Sátántangó - Béla Tarr
Sátántangó - Béla Tarr

 


Punteggio assegnato al film: *½
Punteggio complessivo assegnato al dvd (edizione e film): **

Recensione del 20/10/2008

 

 

Qualità video: discreta, ma l'immagine non è sempre incisa come si vorrebbe e la pellicola è un po' segnata
Qualità audio: presentissimi gli effetti, anche troppo, ben miscelata la musica
Lingue: Ungherese Dolby Digital 2.0
Sottotitoli: Inglese
Formato video: 1.66:1 4/3
Extra significativi: -

Ho acquistato il dvd presso Play.com. Il film è su 3 dischi (2h11', 1h59', 2h49')



COSA MI E' PIACIUTO: una bella fotografia in bianco e nero, anzi, nella metà più scura delle tonalità di grigio, visto che piove per quasi tutto il film e il cielo è regolarmente plumbeo. Alcuni momenti altamente suggestivi - quantunque non necessariamente emozionanti - come la sala da ballo improvvisata nell'osteria (grazie forse soprattutto alla bella musica molto tipica della tradizione ungherese non gitana), vista prima per due volte con gli occhi di due diversi personaggi e poi, più a lungo, nel suo interno, o come il litigio fra i contadini che la macchina da presa riprende dall'esterno dell'edificio scorrendo lentissimamente lungo il muro fino ad approdare al ritratto di una donna (una delle protagoniste), o ancora come i cavalli in libertà nella piazza deserta. Raccontare un'unica storia povera di accadimenti in un film di sette ore è anzitutto un atto di coraggio.

COSA NON MI HA CONVINTO: lo stesso coraggio che va riconosciuto a chi ne affronta la visione. Non ricordo bene chi, forse era E. A. Poe, sostenesse che la lunghezza ideale di un romanzo sarebbe dovuta esser tale da consentirne la lettura in un'unica sessione. Come si fa a vedere un film di sette ore pressoché consecutivamente? Una mattina o un pomeriggio non bastano, tanto meno una serata. Ma soprattutto, la durata qui pare troppo spesso un traguardo da raggiungere piuttosto che un mezzo. L'uomo ubriaco che viene inquadrato per un minuto buono mentre dorme, la ragazzina che tortura un gatto per circa un quarto d'ora (spettacolo che risulterebbe sgradevole anche se proposto di sfuggita), le camminate interminabili riprese in tempo reale... beh, ci vuole una bella pazienza per sostenere tutto ciò. Per far capire a cosa possa esser paragonato Sátántangó, si è fatto da più parti il nome di Tarkovsky. Però quest'ultimo non si compiace della lunghezza, ma della bellezza, e per far questo non esita a volte a servirsi della lunghezza. Tarr usa la lentezza per sottolineare lo squallore (del grigio paesaggio della pianura ungherese in un autunno perennemente intriso di pioggia, del livore implacabile dei contadini). Si nota un'alternanza sistematica nelle tipologie dei movimenti di macchina, ma a me non è parsa funzionale alla narrazione. C'è tutto il tempo di notarla, ma a me non è bastato per capirne il significato.

Ho visto Sátántangó in ungherese con i sottotitoli in inglese. Ho suddiviso la visione in tre parti, distribuite su altrettante serate e corrispondenti ai tre dischi. Al termine dei primi due è annunciato, dallo stesso Tarr, un intervallo. Giuro che non ho mai fatto ricorso all'avanzamento veloce, ma la tentazione, lo confesso, è stata fortissima.


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Nota sulle immagini