CLAVINOVA YAMAHA CLP-270

 

2. PRIME IMPRESSIONI

Collegato lo strumento alla rete elettrica, con viva trepidazione mi accingo ad ascoltarne i primi vagiti. Accenno qualcosa di semplice, e i presenti rimangono, come me, a bocca aperta: il CLP-270 ha la voce di un vero pianoforte. Io non sono certo abituato alle schifezze, conosco bene la voce di un vero grande pianoforte acustico (il mio è questo Bechstein), ma il calore e la profondità del suono di questo piano digitale mi stupiscono.

Ricordo bene che già una quindicina d'anni or sono Piero Rattalino, storico del pianoforte e del pianismo, per il quale io nutro una grande ammirazione, scrisse in un articolo sulla rivista "Musica" che bisognava tener d'occhio questi strumenti digitali, perché nel giro di qualche anno avrebbero potuto insidiare la sovranità dei pianoforti acustici. Direi che non si sbagliava. Naturalmente ciò non significa che suonare su un digitale o su un acustico sia la stessa cosa, ma solo che fra un buon digitale e un verticale acustico di fascia media io oggi scelgo il digitale, perché suona meglio, si può ascoltare in cuffia, senza problemi di orari e di vicinato insofferente, si può registrare quello che si suona (esercizio di enorme valore per gli studenti soprattutto nei primi anni, quando non si ha bene idea di come si stia effettivamente suonando), non ci sono problemi di accordatura, ha una meccanica migliore.

 


Resta altrettanto ovvio che fra un ottimo digitale e un ottimo pianoforte a coda il secondo vince ancora a mani basse, soprattutto per le soddisfazioni che dà a chi suona, più che a coloro che ascoltano, e per la possibilità di variare il tocco in un'infinità di sfumature. Esistono anche gli strumenti che uniscono le qualità di entrambe le tipologie: parlo degli Yamaha Disklavier, ma qui andiamo a finire in altri territori, sotto il profilo dei costi, e comunque è il caso che io ritorni a parlare del mio CLP-270.

 


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