Tappa la più piatta fra quelle francesi fino ad oggi (il che non significa davvero piatta, si sfiorano comunque i 500 metri di dislivello).

La strada di campagna che conduce a Pierre-de-Bresse attraverso Saint-Usuge e Saint-Germain-du-Bois è deliziosa, punteggiata com'è di fattorie realmente attive, con le tipiche case dal tetto assai spiovente, a graticcio ma anche no, sempre fiorite. Il clima è disteso, tutti salutano tutti con un sorriso, e nemmno i cani abbiano contro di me e la mia bicicletta dispensatrice di ultrasuoni dispettosi.

A Pierre-de-Bresse c'èuno splendido castello del 700, circondato da un parco.

Dopo un'altra decina di km si passa su strade nazionali, ma non molto diverse dalle precedenti, solo lievemente più trafficate.

Bel cielo, caldo non eccessivo.

 

A Dijon mi sistemo vicino alla stazione, chatto brevemente con l'Ipod, e poi giro per la città fino all'ora di cena. Dijon è una bella città, elegante e ricca di architetture importanti, animata ma non caotica.

A cena cedo al desiderio di un piatto di pasta, ma ho un'ulteriore conferma che i francesi l'acqua per la pasta o non la salano, o la salano nel momento sbagliato, o col tipo di sale sbagliato (il sale grosso non si trova). Oppure la cuociono direttamente in padella assieme al condimento. Risultato: la pasta è insipida, e va già bene quando non è scotta, e il condimento è spesso troppo salato, nel vano tentativo di compensare. Coesione zero. Perché?

Dopo i primi dieci giorni di viaggio, la forma fisica è discreta, anche se la pancetta (e la chiamo così per un moto di autoindulgenza) è sempre integralmente al suo posto. La tradizione vuole che per quella si debba attendere la terza settimana.

Prosegui il viaggio (tappa 11)

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