HEIMAT 2

TITOLO ORIGINALE Die zweite Heimat - Chronik einer Jugend
ANNO 1992
PAESE Germania
REGIA Edgar Reitz
GENERE Drammatico
ATTORI PRINCIPALI Henry Arnold, Salome Kammer, Daniel Smith, Gisela Müller, Michael Schönborn, Frank Röth, Michael Seyfried, Noemi Steuer, Armin Fuchs, Laszlo I. Kish, Hannelore Hoger, Anke Sevenich, Peter Weiss, Susanne Lothar
DURATA - FOTOGRAFIA 1508' (25h 8') - colore/bianco e nero
PRODUTTORE DVD Dolmen
Heimat 2 (Die Zweite Heimat) - Edgar Reitz

 

 

 

Heimat 2 (Die Zweite Heimat) - Edgar Reitz
Heimat 2 (Die Zweite Heimat) - Edgar Reitz
Heimat 2 (Die Zweite Heimat) - Edgar Reitz
Heimat 2 (Die Zweite Heimat) - Edgar Reitz

 

Punteggio assegnato al film: *****
Punteggio complessivo assegnato al dvd (edizione e film): ****

Recensione del 25/3/2005

 

 


Qualità video: abbastanza buona.
Qualità audio: buona, migliore rispetto al primo Heimat
Lingue: Tedesco Dolby Digital 2.0
Sottotitoli: in italiano (obbligatori)
Formato video: 1.33:1  4/3
Extra: gli stessi del cofanetto di Heimat.

Il cofanetto contiene 7 dvd.




PRIMO EPISODIO - L'epoca delle prime canzoni (Hermann, 1960)  ****½   ****

Durata: 116'

Superato l'esame di maturità, Hermann Simon si trasferisce a Monaco di Baviera con la speranza di essere ammesso alla classe di composizione del Conservatorio. Stringe le prime amicizie.

Ricercato nelle immagini, subito legato, come nel primo Heimat, all'alternanza fra colore e bianconero, Heimat 2 (o per meglio dire "la seconda patria", come recita il titolo originale, e la seconda patria è Monaco di Baviera) si rivela subito, rispetto alla prima serie, più complesso non tanto concettualmente, quanto nel modo di esprimere le idee. Nonostante ciò, nemmeno qui manca l'estrema naturalezza con cui il racconto fluisce, e anzi sembra incrementarsi la ricchezza creativa di Reitz, mai a discapito della chiarezza. Preziosa la colonna musicale di Nikos Mamangakis, che appare anche di persona come insegnante di composizione, e fortunatamente la qualità della traccia audio è più curata rispetto al primo Heimat. Qui non c'è doppiaggio italiano, e personalmente non me ne rammarico affatto. Gustoso il minuto di non-musica offerto dagli studenti del Conservatorio, e non è questo il solo riferimento a John Cage: poco prima vediamo un collega di Hermann "preparare" un pianoforte con oggetti di vario genere per l'esecuzione del suo ultimo lavoro.


SECONDO EPISODIO - Due occhi da straniero (Juan, 1960-1961)  *****   ****

Durata: 115'

I primi tempi a Monaco sono difficili per Hermann, e anche per il suo amico cileno Juan. E' dura la vita senza soldi in una grande città. Entrambi conoscono Clarissa.

Essendo ormai introdotti nella vicenda (non ci sono più le foto ricordo del primo Heimat), siamo da subito coinvolti. Rimarchevole la fotografia monacense, come sempre sia in bianco e nero che a colori. In un caso le due modalità vengono usate simultaneamente per sottolineare la distanza fra le classi sociali, ovvero fra l'alta borghesia bavarese e i giovani artisti squattrinati. Il tema del denaro è centrale in questo episodio, che ha un finale molto emozionante. Da notare che la musica delle sigle è una variazione di quella del primo Heimat. La colonna sonora continua ad essere di altissimo valore estetico e narrativo, e la coesione con le immagini e con le idee è perfetta. Contrariamente al cofanetto della prima serie, qui i sottotitoli sono molto meno invadenti, arrivando in qualche occasione a risultare fin troppo sintetici. Ma dopo quasi venti ore di Heimat, un po' di tedesco cominciamo inevitabilmente ad impararlo. Il titolo si riferisce a una canzone che Clarissa canta ad una festa.


TERZO EPISODIO - Gelosia e orgoglio (Evelyne, 1961) ****½   ****

Durata: 115'

Evelyne arriva a Monaco sulle tracce della sua vera madre.

Il titolo è riferito all'amore tormentato fra Hermann e Clarissa. Si delinea il contrasto fra chi è alla ricerca delle proprie radici e chi invece le vuole tagliare. Episodio forse meno coinvolgente sul piano emotivo, ma parimenti raffinato. Il mestiere del cineasta è assegnato a personaggi secondari, ma evidentemente è nel musicista Hermann Simon che Reitz racconta sé stesso. La festa nella villa per la proiezione del cortometraggio ha quasi i tratti felliniani de "La dolce vita" e "Otto e mezzo", ma conserva una superiore concretezza. Quello di Evelyne (l'attrice Gisela Müller) è uno dei rari personaggi femminili in cui il tratto fondamentale è la voce. Sempre splendida la fotografia. Come si vede, ogni episodio di Heimat 2 è dedicato in modo particolare a un personaggio differente.


QUARTO EPISODIO - La morte di Ansgar (Ansgar, 1961-1962)  ****½   ****

Durata: 100'

Mentre l'amore fra Hermann e Clarissa diventa sempre più complicato, Ansgar, il ragazzo di Evelyne, giunge al termine dei suoi giorni.

Il titolo dichiara la tragedia e getta un'ombra di tristezza, fin dall'esordio, sull'intero capitolo. E infatti è il lato oscuro dei vari personaggi che s'impone alla nostra attenzione. Ciononostante, vi sono momenti di rara luminosità, e alcune invenzioni cromatiche assai affascinanti, come gli addobbi per la festa in maschera, o il vis à vis nel giardino della villa fra Clarissa illuminata da una luce calda e Hermann delineato da una luce fredda, spettrale, il sole e la luna. Ovunque la bellezza e la morte si sfiorano. La radiosa Evelyne conosce i tetri genitori di Ansgar, e lo stesso Ansgar trova la morte in un raro momento di spensierata felicità. E Clarissa annega la gioia dei suoi successi artistici in un mare d'inquietudine.


QUINTO EPISODIO - Il gioco con la libertà (Helga, 1962)  ****   ***½

Durata: 120'

E' la prima estate monacense di Hermann, che incontra Helga, la poetessa, nel paese dei genitori di lei.

Il gioco con la libertà è la ricerca della libertà a più livelli, in senso politico, con i tafferugli di Monaco fra giovani e polizia che si protraggono per 5 giorni, in senso amoroso, e nel già più volte trattato significato di rifiuto delle proprie radici. I genitori di Helga assomigliano a quelli di Ansgar, e Hermann vi rivede la gente cui è sfuggito abbandonando Schabbach. La frattura fra due generazioni viene ulteriormente rimarcata in questo episodio, che è il più lento e il meno vario fra quelli che fin qua hanno composto Heimat 2, ma che tuttavia proprio attraverso questo andamento tranquillo ci proietta poi all'improvviso davanti a un finale semplice che mette i brividi. La maggior parte dei personaggi che già conosciamo ricompare giusto in questo finale, ed è l'apparizione di Clarissa che dà la scossa. Clarissa è un personaggio chiave, ma Reitz non ce lo impone, piuttosto ce lo fa comprendere poco alla volta, così come nel primo Heimat la centralità del personaggio di Maria, la madre di Hermann, si è affermata gradualmente. Bello il personaggio di Helga, la cui storia ci fa soffrire. Nella mia copia c'è un'interruzione dei sottotitoli di circa un minuto all'altezza di 1h27'.


SESTO EPISODIO - Noi figli di Kennedy (Alex, 1963)  ****½   ****

Durata: 108'

Il resoconto della giornata del 21 novembre 1963, in cui fu assassinato John F. Kennedy.

Dedicando l'episodio ad Alex, il filosofo del gruppo, Reitz intende suggerire come la vita di ciascuno di noi possa contare per qualsiasi altra persona. Il tentativo di suicidio di Helga viene sventato, casualmente, proprio dagli amici che volevano informarla della morte del presidente americano. Da notare come Noemi Steuer, l'attrice basilese che interpreta Helga, portasse splendidamente i suoi 35 anni, virtù necessaria per rendere credibili i 24 anni di Helga (ne compie 23 nell'episodio precedente). Acquista inaspettatamente spessore il personaggio di Olga, pur in una parte di piccole dimensioni, mentre l'unica traccia di Evelyne è il suo nome sul manifesto che annuncia un concerto con musiche di Hermann Simon, che per la prima volta vien posto ai margini della storia in questo sesto episodio. Breve, drammatica, apparizione di Clarissa, che ormai ci sta abituando a transitare sulla scena come un cumulo di nubi oscure. E a Monaco, quel giorno in cui morì John Kennedy, pioveva davvero molto. Nel delicato finale, la maggior parte dei conflitti fra gli amici della villa si ricompone davanti a un promettentissimo gulash alla paprika dolce. Mi piace molto la filosofia di Alex: tutte le cose peggiori del mondo accadono nelle prime ore del mattino, quindi lui tende ad alzarsi verso mezzogiorno, quando cioè il peggio dovrebbe essere passato.


SETTIMO EPISODIO - I lupi di Natale (Clarissa, 1963)  *****   ****

Durata: 109'

Brutto giorno il Natale per chi non è felice. Clarissa torna al centro della scena.

Mentre l'episodio natalizio del primo Heimat era stato da me percepito come il più debole della serie, qui invece avviene l'esatto contrario. Il settimo episodio, geometricamente centrale, ma credo anche drammaturgicamente (lo saprò in seguito), è denso di accadimenti e di emozioni. L'incontro finale fra Hermann e Clarissa mi ha profondamente commosso. All'inizio, invece, i preparativi per il concerto mi hanno fatto rivivere sensazioni che avevo completamente dimenticato (il mio ultimo concerto pubblico risale al 1988). Saper descrivere un luogo comune senza coprirsi di ridicolo è una qualità che può appartenere soltanto a un genio, e la solitudine del Natale come la racconta Reitz è per me una dimostrazione piuttosto convincente di cosa intendo. Splendida la musica di Mamangakis: da ricordare in particolare il brano per voce femminile, violino e organo che accompagna Clarissa nella sua introduzione all'episodio, e che riaffiora brevemente verso la fine. Come ho già detto, in Heimat 2 una voce fuori campo, di solito appartenente al personaggio cui è intitolato l'episodio, sostituisce l'album fotografico sfogliato e spiegato da Glasisch nella prima serie. Riappare finalmente Evelyne, con la sua voce di velluto scuro, mentre il personaggio di Helga diventa sempre più inquietante. La canzone, cui si riferisce il titolo, che Hermann ha scritto per Clarissa, ricorda quella che diversi anni prima egli aveva dedicato a Klara. In modo molto lieve e spontaneo Reitz, attraverso Hermann, si pone un interrogativo cruciale per un musicista, ma che vale per tutti gli artisti: il compositore scrive musica per sé o per gli altri?


OTTAVO EPISODIO - Il matrimonio (Schnüsschen, 1964)  *****   ****

Durata: 120'

Hermann si sposa. Sul finire del pranzo nuziale esplodono mille tensioni.

Stavo proprio pensando a quanto il personaggio di Schüsschen, sempre sorridente e servizievole, assomigliasse alle varie Noriko interpretate da Setsuko Hara nei film di Ozu, quando mi accorgo che, consciamente o inconsciamente, ci aveva pensato anche Reitz: ecco infatti che Schüsschen e Hermann si ritrovano in un salotto arredato alla giapponese. La lunga giornata delle nozze di Hermann è un meraviglioso esempio di cinema fatto di nulla e di mille cose, con frammenti di gioia autentica quando il vento porta via le partiture alla piccola banda diretta da Volker, o quando tutti cantano un'allegra canzone popolare, ma proprio attraverso la finestra sul giardino davanti alla quale passano festosi i convitati alle nozze, si scorge Juan, solitario, morso da un'infinita tristezza. I bambini che gironzolano vagamente annoiati ai margini della festa vengono tratteggiati con fugaci, lievi pennellate degne di un Renoir (padre). Ritroviamo due personaggi del primo Heimat: le zie Pauline e Mariegoot. Sapevo che non sarebbe ricomparsa, ma mi sarebbe tanto piaciuto rivedere Maria, la madre di Hermann della quale egli non parla mai. Molto toccante la scena in cui Clarissa, in una camera d'albergo di Parigi, accompagnandosi col violoncello canta con furiosa nostalgia la canzone dei lupi che Hermann ha scritto per lei. L'attrice Salome Kammer è realmente una musicista: canta e suona il violoncello. C'è anche un disco, che sarei curioso di ascoltare, in cui è voce recitante nel Pierrot Lunaire di Schoenberg. Come pure musicista è Henry Arnold: ce lo ricorda lui stesso nel documentario già compreso nel cofanetto del primo Heimat.


NONO EPISODIO - L'eterna figlia (La signora Cerphal, 1965)  *****   ****

Durata: 118'

Hermann e Schüsschen hanno una figlia, ma non è di questa figlia che si parla.

Struggente ritratto della padrona di casa della "Tana della volpe". Una matura signora, colta, curiosa di tutto, generosa, che è rimasta sempre una bambina ("Non so come, mi sono sfuggiti vent'anni"). E' questo l'episodio più vicino allo spirito del primo Heimat, ove si osserva la vita così com'è. Il gruppo di giovani artisti si sfalda, Hermann è rtitratto nella normalità della vita coniugale, e la signora Cerphal si accorge all'improvviso che non ci sarà in eterno qualcuno che decide tutto per lei. La sceneggiatura è spigolosa e concreta, quasi dolorosa. Vi è qui un uso degli indizi occulti, ovvero dei dettagli apparentemente insignificanti dei quali comprendiamo in seguito il senso, che ci riporta al Kieslowski dei Tre colori, peraltro posteriori ad Heimat 2. Sempre interessante la musica di Mamangakis. Come Arnold e la Kammer, anche Armin Fuchs (Volker), qui impegnato nel bellissimo Concerto per la mano sinistra di M. Ravel, è realmente un musicista.


DECIMO EPISODIO - La fine del futuro (Reinhard, 1966)  ****½   ****

Durata: 131'

Reinhard cerca idee e soldi per girare il suo film.

Come nel primo Heimat, vi sono personaggi che si defilano, altri che addirittura scompaiono, ma in Heimat 2 ogni episodio è un film a sé, ha la sua piena autonomia. Qui si parla di Reinhard, che avevamo perso di vista anche perché aveva compiuto un lungo viaggio in Sudamerica. E' questo un episodio in cui gli spunti di subitanea, guizzante ispirazione artistica di Reitz hanno spesso la meglio sulla concisione narrativa, e che il ritmo sia volutamente dilatato lo confermano la durata complessiva, e l'utilizzo dell'ultimo movimento del Quatuor pour la fin du temps di Olivier Messiaen, il bellissimo "Louange à l'Immortalité de Jésus" per violino e pianoforte, che sto riascoltando mentre scrivo queste righe nell'interpretazione del Quartetto Tashi (cd RCA Victor), e il cui significato è legato a quello del film (si veda Clarissa in chiesa). L'unico intervento di Mamangakis fornisce a Hermann il Requiem per la Tana della Volpe, per corteo funebre danzante. Clarissa diventa madre, e ancor più intensamente si tormenta nella ricerca del senso della vita. L'insolita "seduzione fotografica" di Esther, altro personaggio centrale di questo episodio, è uno dei momenti di maggiore originalità dell'intera serie. C'è molta più Venezia che Monaco. Il titolo si riferisce al sodalizio fra i giovani artisti che si sfalda, mentre ognuno di essi tende a rifugiarsi nel suo angolo, chi con rassegnazione, chi di buon grado, chi tentando goffamente di ribellarsi alla deriva.


UNDICESIMO EPISODIO - L'epoca del silenzio (Rob, 1967-68)  ****   ***½

Durata: 118'

Ad Hermann e al cineasta Rob si presenta l'occasione della svolta.

Viene ripreso il personaggio di Esther, l'amante veneziana di Reinhard. Benché il titolo sia dedicato a Rob, che apre e chiude l'episodio, in realtà l'attenzione di Reitz si sposta di nuovo su Hermann e Schnuesschen, su Clarissa e Volker. Per un momento le due coppie sembrano incrociarsi. Del resto qualcosa dovrà pure succedere, dal momento che già sappiamo chi saranno i dedicatari dell'ultimo episodio. L'arte centrale è qui il cinema, e Reitz sembra quasi faticare a mettere a fuoco il suo soggetto, forse per pudore, forse nel timore di dirci qualcosa che a lui stesso parrebbe banale. Ci dice però qualcosa di importante, e di universale, sul senso dell'amicizia che tende ad appannarsi in vicinanza dell'opportunità di risolvere i propri problemi, dopo tanto aspettare invano. Ci parla anche, attraverso Schnuesschen, di come ci si può improvvisamente render conto dell'annullamento della propria personalità nella vita di coppia. C'è chi si sfoga semplicemente con un pianto, come la stessa Schnuesschen, e c'è chi, come Clarissa, si sfoga sì con un pianto, ma dopo aver abbandonato volontariamente il proprio alter-ego: l'amato violoncello.


DODICESIMO EPISODIO -L'epoca delle molte parole (Stefan, 1968-69)  ****½   ****

Durata: 119'

Stefan è designato per dirigere il film "Esther", sulla sceneggiatura lasciata da Reinhard, ma il compito gli viene espropriato.

Die Zweite Heimat attraversa il Sessantotto e produce molte scintille. Prima di conoscere l'opera di Reitz, pensavo che tutto sommato fosse facile realizzare qualcosa di indimenticabile con 40 ore di film. Chi avesse avuto la pazienza di arrivare in fondo, non avrebbe potuto ammettere di essersi annoiato, per non essere additato come supremo masochista. Naturalmente erano i pensieri di un ingenuo ignorante. In questo dodicesimo episodio c'è tanto di quel materiale che se ne potrebbero ricavare, approfondendo i vari aspetti e i numerosi spunti di riflessione, altre 40 ore di cinema, magari non così illuminato e illuminante, ma come minimo non inutile. Avevo parlato in precedenza di un disco inciso da Salome Kammer contenente il Pierrot Lunaire. Pertanto non mi sono affatto stupito di sentirglielo cantare, o meglio recitare (come la stessa Clarissa, mi sembra, abbia precisato, a dispetto dei sottotitoli carenti), in questo film. Si comincia a capire perché il tredicesimo e, ahimé, ultimo episodio sarà intitolato a Hermann e Clarissa, anche se qui non vengono mai a contatto. Del resto non si può fingere di non sapere che i personaggi centrali di Heimat 3, nelle sale in questo periodo, sono loro due. Non so se sia un caso la scelta dei nomi del primo amore di Hermann (Klara), e del suo amore più grande e tormentato (Clarissa). Possibile che Reitz non abbia pensato al giovane compositore osteggiato, Robert Schumann, e alla sua Clara? Clara Wieck Schumann era perfino ritratta in una banconota da tot marchi, prima dell'avvento dell'euro.


TREDICESIMO EPISODIO - L'arte o la vita (Hermann e Clarissa, 1970)  *****   ****

Durata: 119'

L'avventura di Hermann a Monaco di Baviera si conclude. Dopo 10 anni, egli ritorna nell'Hunsrück.

Finalmente si scopre il senso di quel bizzarro regalo fatto dal console-mecenate ad Hermann: un abbonamento annuale alle ferrovie tedesche. Non è che il lasciapassare per il vertiginoso viaggio a ritroso del protagonista, nel corso del quale rivede nella realtà e nell'immaginazione (in particolare il treno è il luogo dei sogni) molte delle persone che ha conosciuto a Monaco in quei 10 anni, compreso sé stesso più giovane. Si scopre anche che la disposizione dei ritratti lungo i dodici episodi precedenti era pensata in funzione di questo finale. L'unico personaggio di un certo rilievo che non ha avuto l'onore di un episodio è Olga, che infatti qui non compare. Non c'è però neanche Evelyne, le cui tracce si erano perse da tempo. Lo spazio dedicato ad Alex, il filosofo, è tanto breve quanto lancinante.
E' la degna conclusione di un capolavoro. In me si combattono ad armi pari la gioia di aver conosciuto un'opera così grande, e la malinconia per essere giunto alla fine del viaggio. Sto rivedendo queste note il giorno dopo, e mi sento già... un orfano di Heimat.

 

Ho visto Heimat 2 in tedesco con i sottotitoli in italiano, unica modalità possibile.


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