COSA MI E' PIACIUTO: 
          
          una gran bella fotografia, firmata da Storaro, con notevoli invenzioni 
          cromatiche, e un'efficace valorizzazione dei begli occhi di Dominique 
          Sanda. Il cast è notevole, e nessuno delude (tralasciando il 
          discorso del doppiaggio, che penalizza soprattutto Depardieu), ma la 
          prova più convincente è offerta da Stefania Sandrelli, 
          che come Romolo Valli si doppia da sola in modo eccellente.
        
          
          COSA NON MI HA CONVINTO: Bertolucci, per me, ha tentato la via della 
          propaganda politica in forma elegiaca, fallendo sia sul piano dell'illustrazione 
          ideologica, sia su quello poetico. Il pensiero marxiano, e la poetica 
          ch'esso gli ispirava, era stato trattato in modo tanto più chiaro 
          e al tempo stesso rigoroso da Pier Paolo Pasolini, di cui proprio mentre 
          scrivo queste righe ricorre il trentesimo anniversario della scomparsa, 
          in alcuni dei suoi film più importanti. Sul piano della credibilità 
          storica Novecento è inesistente, inficiato com'è 
          da un intollerabile manicheismo, spinto fino al macchiettismo da fumetto. 
          Sotto questo aspetto, se ci riferiamo al periodo degli ultimi anni di 
          guerra, di cui si occupa l'Atto II, è ben più sensato 
          La notte di San Lorenzo 
          dei Taviani, nel quale si sono riconosciuti un po' tutti i testimoni 
          di quell'epoca. Nella realtà deformata di Novecento, 
          viceversa, non riconosco nemmeno lontanamente nulla di ciò che 
          mia madre, che visse la sua giovinezza nella campagna parmense, mi ha 
          sovente raccontato. Né giova alla credibilità dell'ambientazione 
          il fatto che l'unico a parlare come davvero si parla da quelle parti 
          è l'attore che interpreta Alfredo da piccolo, mentre per il resto 
          è un gran coacervo di dialetti emiliani, ma anche lombardi e 
          veneti, che rende la comunità ritratta da Bertolucci meramente 
          un parto della sua fantasia, senza alcuna identità precisa. I 
          contadini de L'albero degli zoccoli sono veri, questi qui sono 
          finti. Come un'invenzione è l'impegno politico così radicale 
          da parte di tutti i contadini. Inoltre, la componente puramente didattica 
          è vanificata dalla presenza di alcune scene di pornografia e 
          di violenza che rendono il film certamente inadatto ai minori, oltre 
          a essere totalmente gratuite e, per me, alquanto fastidiose, al limite 
          del disgusto. A proposito, ma Bertolucci ce l'ha con i gatti? Abbondano 
          i dialoghi inverosimili e i comportamenti casuali. L'idealizzazione 
          della "vittoria del proletariato" nel racconto della giovane 
          Anita in piedi sul covone ha la falsa enfasi e l'ingenuità di 
          una recita scolastica. Se era intenzionale non mi ha fatto ridere, se 
          non lo era, sì. Certe carrellate della prima parte sembrano proporci 
          dei presepi viventi, e per me ci sono ben poche cose più morte 
          di un presepe vivente. La musica di Morricone, non fra i suoi lavori 
          più entusiasmanti, è usata con discutibilissima scelta 
          dei tempi e degli accostamenti. 
        Ho visto Novecento in due serate, in 
          italiano senza sottotitoli (la maggior parte degli attori, 
          anche quelli italiani e francesi, recita in inglese, e vedere il francesissimo 
          Depardieu nei panni di un contadino della bassa emiliana declamare "Wake 
          up!" doppiato con uno "Svegliatevi" in finto bolognese 
          non è stato bello).
        Un interessante 
          e-mail di Adriano Candali su questa recensione. 
        
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