25.
OPPIDO LUCANO - RAPOLLA

82 km - disl. 1432 m

 

Mappa realizzata grazie a Google Maps

 

Ieri sera ho progettato al volo una tappa che anzitutto ritenevo facile, ma che poi temevo risultasse di modesto interesse. Mi sbagliavo, soprattutto riguardo alla qualità.

Finalmente questa mattina c'è una bella luce. Questo ciclogiro è stato il peggiore di tutti sotto l'aspetto della qualità della luce: troppo caldo, e quindi troppa foschia e troppi temporali. Mi dicono che fin qui è stato il luglio più caldo di tutti i tempi, ovviamente prendendo come riferimento di partenza l'inizio delle regolari rilevazioni (quindi se in una certa estate del quinto secolo si sono bruciacchiati tutti è un fatto che ometteremo di considerare).

La strada che parte da Oppido Lucano resta abbastanza in quota fino alla deviazione per Acerenza, con panorami mozzafiato. La strada per Acerenza credo sia di recente costruzione, o rifacimento, perché è più corta di quanto indicato dalla cartina del Touring, più larga, e con pendenze più impegnative, proponendo sortite oltre il 10%, che è la soglia dopo la quale la mia bici carica di bagagli comincia a richiedermi un certo impegno anche pedalando con il rapportino-giocattolo. Non mancano nemmeno in questo tratto di percorso le belle viste.

Ad Acerenza, città antichissima che in età romana era molto più grande e più importante di quanto non sia oggi, arrivo al Duomo dell'XI secolo, all'interno del quale stanno rifacendo la pavimentazione, ripristinando quella originale, e firmo il registro dei visitatori aggiungendo a "Milano", tra parentesi, "in bicicletta". immagine secondaQuando mi appresto a ripartire, si avvicina a me un distinto signore che abita di fronte alla chiesa: ha letto quello che ho scritto, si congratula, e ci tiene a farmi sapere che lui è nato a Milano, perché suo padre lavorava come ginecologo al Policlinico appunto di Milano. Mostrando cultura e capacità di sintesi, mi riassume i tratti salienti della storia di Acerenza, rivelandomi fra l'altro che nelle giornate più limpide si scorge distintamente il golfo di Manfredonia. Da qui l'enorme importanza strategica che la città ebbe in epoca romana.

Riparto verso Forenza, ma non per la strada principale. Decido di sfidare la sorte prendendo una via secondaria (balle, come al solito ho semplicemente sbagliato strada). Mi va benissimo: ancora panorami mozzafiato. Traffico quasi nullo, qualche agricoltore a bordo di un trattore che immancabilmente saluta il viandante. La strada di cui parlo si prende scendendo a ritroso per la strada che proviene da Oppido, e girando a destra, ancora nel centro abitato, per una strada immagine seconda indicata solo provenendo da valle. Meglio chiedere.

La strada rimane in quota fino a pochi km da Forenza, che visto da fuori è un borgo collocato molto scenograficamente, circondato da turbine eoliche (quelle che Sgarbi definisce orribili, probabilmente non per il suo gusto estetico, che peraltro non mi interessa affatto, ma per qualche altro motivo che non è difficile immaginare; come per la polenta e il pesto cancerogeni, tanto per capirci). Si scende ad una quota di circa 500 metri, per poi risalire. Al ritorno, alla rotonda, bisogna andar dritti per la SP 8. Lo dico perché i cartelli sono messi a casaccio.

I panorami sono sempre molto spettacolari, ma purtroppo è arrivata l'ora dei soliti temporali (proprio salendo a Forenza per il settimo giorno consecutivo sono stati superati i 40 gradi). La luce, orribile, rende tutto cianotico, ed è un vero peccato. Divento semplicemente un ciclista, e cerco di anticipare i temporali. Passo da Venosa (la città di Orazio, recita il cartello all'entrata. D'accordo, e Gesualdo?) in tutta fretta. Me ne dispiace, ma non ho altra scelta. Proseguo verso Melfi, mentre il cielo si fa sempre più nero e non riesco neanche più a leggere i numeri sul ciclocomputer, ma, memore della lezione di ieri, estraggo il poncho dalla borsa e lo colloco in modo da poterlo prendere e indossare anche senza scendere dalla bici. È la classica mossa che inibisce la pioggia. Il poncho infatti rimane al suo posto, e io arrivo a Rapolla, a un sospiro da Melfi, appena in tempo per vedere dalla finestra della mia camera d'albergo il cortile che si allaga per effetto immagine secondadella pioggia furiosa (probabilmente ce l'ha con me, perché questa volta le sono sfuggito abilmente).

Piccolo episodio che stranamente quest'anno, irrispettoso dei grandi numeri, non era ancora accaduto: nel pomeriggio mi ha punto una vespa, ad un polso. Rimango sempre attonito nel vedere questi poveri animaletti che rinunciano alla loro vita senza alcun motivo valido. E muoiono subito, cadono proprio stecchiti. Occorre ricordarsi di estrarre il pungiglione dalla propria pelle. Non è un medicinale, non ci sono avvertenze da leggere attentamente: basta afferrarlo con pollice e indice e sfilarlo.

 

 

TAPPA N. 26 CICLOGIRO 2010 TUTTI I CICLOGIRI HOME PAGE